sabato 15 gennaio 2022

Vicenda Djokovic: perdono tutti. Intervento del Prof. Luigi Melica*

N.B. Avevo postato questa riflessione prima della decisione di conferma della cancellazione  definitiva del visto. Queste decisioni sono quasi politiche ossia quasi insindacabili. Si doveva escluderlo prima. (Prof. Luigi Melica)

La sentenza con la quale è stato definitivamente cancellato il visto a Novak Djokovic è pubblicata a questo link

 

Chiunque di noi, soprattutto se laureato in legge, prima di commentare una vicenda che divide come quella riguardante il tennista Novak Djokovic, dovrebbe leggere gli atti ufficiali. Ancora prima della pronuncia del Giudice federale sulla cancellazione del visto avevo osservato su questo stesso blog che il trattamento subito dal controverso campione serbo era stato quanto meno non trasparente: da un lato, infatti, un’autorità australiana (Federazione tennis/ Stato membro di Victoria) gli aveva permesso di partecipare al torneo più famoso del Paese, concedendogli il visto, dall’altro, al momento dell’ingresso nello Stato - alle 4 del mattino - un’altra autorità  lo aveva respinto alla frontiera, previa cancellazione del visto. Avevo osservato, in quella sede, che la decisione sembrava immotivata. Difatti, o perché il campione serbo è considerato un no vax, o perché l’opinione pubblica australiana deplorava l’ingresso del tennista a causa delle restrizioni che affliggono il Pase da almeno due anni, il Governo federale aveva chiaramente cambiato idea senza spiegare il perché. Ragionando in generale, al campione di tennis si imputa di non essere un modello di riferimento, anzi, di essere un anti – modello, essendo un no vax dichiarato. Ciò è grave, in un momento in cui le società contemporanee sono alla ricerca di personaggi pubblici che sollecitino le persone a vaccinarsi. Tuttavia, come dicevo all’inizio, un giurista dovrebbe attenersi alle norme senza farsi influenzare da sentimenti, convinzioni, ideologie. In questo senso, vorrei osservare che l’ordinamento australiano prevede una deroga all’ingresso nel territorio del non vaccinato che consiste nella possibilità di entrare in Australia se si sia contratto il virus nei sei mesi antecedenti. Del resto, se così non fosse, si faticherebbe a comprendere perché, all’ingresso in Australia, la polizia di frontiera non abbia motivato la cancellazione del visto di Djokovic per violazione delle norme sull’ingresso, dando atto che la prescrizione medica è inidonea a consentire l’entrata nel territorio. A parole le autorità australiane lo hanno detto, ma nei fatti il provvedimento di ritiro del visto non reca tale motivazione ed a tal fine sono certo che numerose altre persone hanno fatto ingresso in Australia con un’esenzione medica simile a quella esibita da Djokovic. Notoriamente, del resto, chi contrae il virus e guarisce sviluppa un numero significativo di anticorpi, forse più di chi è vaccinato. Astrattamente, Djokovic, non dovrebbe essere pericoloso per la salute pubblica, o meglio lo è come qualsiasi altro vaccinato. Invece, il Governo australiano, allarmato dalla pubblicità negativa sull’ingresso di un personaggio controverso, ha fatto frettolosamente retromarcia all’insegna, “prima se ne va, meglio è”. Di questo dà prova il Giudice di primo grado che aveva annullato il provvedimento di cancellazione del visto per vizi di forma, affermando che se la polizia di frontiera aveva concesso tre ore circa di tempo ai legali del tennista per presentare osservazioni rispetto al provvedimento di cancellazione del visto (dalle 5 alle 8 circa del mattino), doveva attendere che tale tempo si esaurisse prima di cancellare il visto. Cosa che invece non ha fatto.

Entrando ora nel merito della vicenda, ritengo deplorevole che il tennista serbo abbia così superficialmente violato le regole sulla quarantena anche se è plausibile, come si è giustificato, che lo stesso tennista non abbia personalmente compilato il form di esenzione. Ciò detto, mi sarei atteso, però, che il nuovo diniego notificato al tennista il 14.01. facesse riferimento a questa violazione della quarantena. Al contrario, non c’è traccia di questo comportamento nella motivazione del rigetto. Quest’ultimo è motivato a norma del diritto dell’immigrazione australiano in modo del tutto asettico, affermando che Djokovic lede l’interesse pubblico essendo pericoloso per la salute e l’ordine pubblico australiano (“on health and good order grounds, on the basis that it was in the public interest to do so”). Tale decisione, come precisato, scaturisce dalle informazioni rilasciate dal Dipartimento agli affari interni, dalla Polizia di frontiera e dallo stesso tennista - (…) “In making this decision, I carefully considered information provided to me by the Department of Home Affairs, the Australian Border Force and Mr Djokovic - .

 

Dunque, nessuna motivazione specifica, ma solo un generico riferimento alla necessità di preservare il popolo australiano ((…) The Morrison Government is firmly committed to protecting Australia’s borders, particularly in relation to the COVID-19 pandemic” ). Trattasi di una decisione politica, a mio parere legittima, molto contraddittoria, ma temo insindacabile in quanto la posizione giuridica soggettiva dello straniero che fa ingresso in uno Stato è solitamente molto debole. Astrattamente, infatti, si può negare l’ingresso per motivi di interesse generale, senza entrare nello specifico. Tuttavia, all’osservatore esterno risulta incomprensibile perché si sia autorizzata la partenza di Djokovic e, poi, alle 4 del mattino, lo si sia bloccato con motivazioni implausibili e senza contestazioni specifiche del tipo, lei ha violato la norma x, y, o z (invito i lettori a leggere la trascrizione del suo interrogatorio da parte della polizia di frontiera). Rammento a tutti che il no vax Djokovic entrava in Australia, non per manifestare con i no vax, ma per giocare a tennis ed a tal fine era stato invitato dalla federazione del tennis.

In questo scenario, è evidente che chi perde è anzitutto lo sport. Benché, infatti, l’ultima parola tra l’ordinamento settoriale dello sport e l’ordinamento generale spetta all’autorità statale, tuttavia il danno allo sport ed al torneo australiano è incalcolabile. La Federazione del tennis, nello specifico, avrebbe preferito che il Governo avesse chiarito prima le condizioni di ingresso e soprattutto che il no vax Djokovic è una persona indesiderata in quanto mette in pericolo la salute della popolazione e l’ordine pubblico e come tale non deve essere invitato al torneo. Invito tutti a leggere il comunicato con il quale la Federazione internazionale del tennis chiude questa deplorevole vicenda. Dato per assodato, infatti, che tutti sono indispettiti da questo epilogo, dal tennista che probabilmente non potrà gareggiare, agli altri partecipanti al torneo che non potranno affrontare il numero 1 al mondo, agli stessi tifosi che perderanno parte dello spettacolo, tuttavia, si afferma, sarebbe stato meglio conoscere per tempo i protocolli invocati dallo Stato australiano, anche perché, come accaduto in altri tornei disputati durante l’emergenza pandemica, la Federazione si sarebbe adoperata per farli rispettare - (…) These protocols need to be clearly communicated in a timely manner and the proper process must be respected by all for it to be effective”. Ma non è tutto: alla fine del comunicato, la Federtennis sembra indirettamente rivolgersi anche al campione serbo, lasciando intendere che pur nel rispetto del diritto a non vaccinarsi sarebbe auspicabile che un tennista del suo livello cooperi  - come dovremmo fare tutti - per ridurre le restrizioni e sia dunque un esempio in positivo- “And while the ITF believes that full vaccination is a personal decision, we believe this is the responsible action we must all take in order to ease restrictions and avoid such occurrences happening in the future.” Null’altro da aggiungere, dunque, se non che la Federazione internazionale del tennis è l’unica ad avere insegnato qualcosa in questa deprecabile vicenda. 

 

*Luigi Melica (nella foto) 











Novak Djokovic (nella foto)


 


giovedì 13 gennaio 2022

Intervista di Pierandrea Fanigliulo a Carlo Laudisa, prima firma de La Gazzetta dello Sport per il calciomercato. Si è parlato della figura dell'agente sportivo e della mancanza di parametri oggettivi per la valutazione di un calciatore

 

 

Dott. Carlo Laudisa (nella foto)


 







Dott. Pierandrea Fanigliulo (nella foto)


 











*Pierandrea Fanigliulo, leccese nato a Galatina il 11-067-1984 e residente a Lecce. Laureato, presso l'Università del Salento, in Scienze della Comunicazione e successivamente in Economia delle attività turistiche e culturali. Dal 2019 giornalista iscritto all'albo. Collaboro con il Corriere Salentino con il quale, tra l'altro, conduco nel Nord Italia, il format web/TV "Da Sud a Nord andata a ritorno" per il quale sono stato premiato dalla Provincia di Lecce e dall'Università del Salento, direttamente dal Magnifico Rettore. Ideatore e fondatore del sito web, a tema sportivo, www.ilfani.it. Autore del libro, uscito il 15 ottobre 2021, "Il volo di Aracne. Dall'alba al tramonto", presentato anche presso il Salone Internazionale del libro di Torino 2021, a Roma alla fiera dell'editoria italiana "Più libri più liberi" e presente nel contest scolastico "Io Leggo Perchè". (nelle foto a partire da sotto il Prof. Avv. Guido Valori e il Dott. Pierandrea Fanigliulo)

domenica 9 gennaio 2022

Calcio tedesco, partita sospesa per razzismo. Intervento di *Ubaldo Villani-Lubelli



 

 

 

 

 

 

 



Gli insulti razzisti a margine delle partite di calcio sono, purtroppo, un problema strutturale e culturale che ha poco a che fare con l’evento sportivo in sé. Ciclicamente torna d’attualità e dopo i campionati europei dell’estate scorsa in cui, in virtù dei rigori sbagliati in finale contro l’Italia, tre giocatori inglesi (Bukayo Saka, Marcus Rashford e Jadon Sancho), vennero duramente offesi con insulti razzisti, il problema è tornato all’ordine del giorno in Germania. Il 19 dicembre scorso, nell’ultima giornata prima delle vacanze natalizie della Dritte Liga (Lega Pro), la partita tra MSV Duisburg e VfL Osnabrück è stata sospesa al trentacinquesimo minuto del primo tempo sul risultato di 0:0 per insulti razzisti al giocatore di colore Aaron Opoku della squadra dell’Osnabrück. In difesa di Opoku è intervenuto anche Leroy Kwadwo del Duisburg che a sua volta è stato attaccato verbalmente. Già due anni fa Leroy Kwadwo fu oggetto di insulti razzisti ma in quel caso si decise di non intervenire

Sebbene il tifoso del Duisburg sia stato subito individuato e allontanato, la partita è stata consensualmente sospesa dalla terna arbitrale e dalle due squadre che, dopo gli insulti ad Aaron Opoku e Leroy Kwadwo, si sono dirette spontaneamente verso gli spogliatoi. In particolare Aaron Opoku era, infatti, visibilmente scosso dagli insulti subiti.

Il caso ha fatto particolarmente scalpore perché è la prima volta nella storia del calcio tedesco che una partita di calcio viene sospesa per insulti razzisti. Non c’erano, dunque, precedenti, ma su proposta delle due squadre la partita verrà ripetuta.

L’incidente avvenuto a Duisburg è un caso non standardizzato che, secondo il giudice sportivo, giustifica la ripetizione della partita indipendentemente da qualsiasi colpa specifica da attribuire a uno dei due club coinvolti. Il vice presidente del tribunale sportivo della Federazione calcistica tedesca (Deutscher Fuball-Bund, DFB), Stephan Oberholz, ha inoltre affermato che, dal punto di vista emotivo e morale, si considera comprensibile la decisione della squadra di Osnabrück di non continuare la partita. In questo senso il giudice sportivo ha voluto espressamente sostenere l’intenzione di dare un esempio di lotta contro il razzismo. Tuttavia, il giudice ha voluto chiarire, altresì, che soltanto l’arbitro ha il diritto di fermare la partita e non le squadre coinvolte. Il giudice ha voluto sottolineare che, in futuro, in casi analoghi di abbandono della partita, dovranno sempre essere presi in maggiore considerazione l’intensità dell’infrazione, il profilo del colpevole, il punteggio della partita e il minuto in cui avviene il fatto.

Il tribunale sportivo della DFB ha comunicato, inoltre, che deciderà separatamente in un secondo momento su eventuali sanzioni contro l’MSV Duisburg per gli insulti razzisti dopo che il comitato di controllo della DFB avrà presentato le accuse.

Il caso tra Duisburg e Osnabrück è destinato a rappresentare una cesura storica perché se gli insulti razzisti sono già avvenuti in numerosissime altre partite di calcio, tuttavia, per la prima volta questi hanno portato alla sospensione della partita in uno dei tre massimi campionati tedeschi.

La Federazione calcistica tedesca ha subito intensificato le iniziative contro ogni forma di razzismo e discriminazione. Le attività, in parte già avviate da tempo, si articoleranno in tre ambiti di azione: sensibilizzazione, promozione e comunicazione. Concretamente sono previste ben sedici linee di intervento tra cui le seguenti iniziative:

·       Assegnazione annuale del premio Julius Hirsch (ex giocatore di calcio tedesco ebreo) per tutte le squadre, società o giocatori che si siano distinti contro l’antisemitismo, il razzismo e qualunque forma di discriminazione;

·       Sostegno finanziario per i progetti dei tifosi contro il razzismo;

·       Viaggio della squadra nazionale di calcio U18 in Israele con visita al memoriale dell’Olocausto Yad Vashem;

·       Scambio di esperienze sull’antidiscriminazione per i club della Dritte Liga e delle leghe regionali;

·       Sostegno all’iniziativa ‘Mai più’ nella giornata di azione per commemorare la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz (ogni anno il 27 gennaio);

·       Sostegno alle ‘Settimane internazionali contro il razzismo’;

·       Istituzione di un punto di competenza e di contatto per la diversità sessuale e di genere nel calcio (da gennaio 2021);

·       ‘1:0 für ein Willkommen’ (1:0 per un benvenuto) della Fondazione DFB Egidius Braun e del Commissario del governo federale per la migrazione, i rifugiati e l’integrazione al fine di rafforzare i club che hanno creato opportunità di calcio per i rifugiati a partire dalla primavera 2015. L’iniziativa è stata ulteriormente sviluppata nel 2017 con lo slogan ‘2:0 für ein Willkommen’ (2:0 per un benvenuto);

·   Redazione di un opuscolo sul riconoscimento dei simboli dell’estremismo di destra, dei codici e delle forme di discriminazione nello stadio. L’opuscolo viene distribuito al personale di sicurezza negli stadi della Bundesliga, 2. Bundesliga e 3. Liga;

·    Opuscolo ‘Calcio e omosessualità’ (pubblicato per la prima volta nel 2013);

· Compilazione del rapporto sulla situazione degli incidenti di violenza e discriminazione (circa 1,3 milioni di partite registrate per stagione).

 

*Ubaldo Villani-Lubelli

Huffington Post: https://www.huffingtonpost.it/author/ubaldo-villani-lubelli/ 

Weimar Democracy: https://weimardemocracy.wordpress.com/ 

Potsdamer Platz: http://potsdamer-platz.blogspot.com/

 

Link notizie tedesche:

https://www.kicker.de/nach-spielabbruch-duisburg-gegen-osnabrueck-wird-wiederholt-884021/artikel

 https://www1.wdr.de/sport/fussball/dritte-liga/duisburg-osnabrueck-wird-wiederholt-100.html

https://www.deutschlandfunk.de/nach-abbruch-wegen-rassismus-duisburg-osnabrueck-wird-wiederholt-108.html