N.B. Avevo postato questa riflessione prima della decisione di conferma
della cancellazione definitiva del visto. Queste decisioni sono quasi
politiche ossia quasi insindacabili. Si doveva escluderlo prima. (Prof. Luigi Melica)
La sentenza con la quale è stato definitivamente cancellato il visto a Novak Djokovic è pubblicata a questo link
Chiunque di noi, soprattutto se laureato in legge, prima di commentare una vicenda che divide come quella riguardante il tennista Novak Djokovic, dovrebbe leggere gli atti ufficiali. Ancora prima della pronuncia del Giudice federale sulla cancellazione del visto avevo osservato su questo stesso blog che il trattamento subito dal controverso campione serbo era stato quanto meno non trasparente: da un lato, infatti, un’autorità australiana (Federazione tennis/ Stato membro di Victoria) gli aveva permesso di partecipare al torneo più famoso del Paese, concedendogli il visto, dall’altro, al momento dell’ingresso nello Stato - alle 4 del mattino - un’altra autorità lo aveva respinto alla frontiera, previa cancellazione del visto. Avevo osservato, in quella sede, che la decisione sembrava immotivata. Difatti, o perché il campione serbo è considerato un no vax, o perché l’opinione pubblica australiana deplorava l’ingresso del tennista a causa delle restrizioni che affliggono il Pase da almeno due anni, il Governo federale aveva chiaramente cambiato idea senza spiegare il perché. Ragionando in generale, al campione di tennis si imputa di non essere un modello di riferimento, anzi, di essere un anti – modello, essendo un no vax dichiarato. Ciò è grave, in un momento in cui le società contemporanee sono alla ricerca di personaggi pubblici che sollecitino le persone a vaccinarsi. Tuttavia, come dicevo all’inizio, un giurista dovrebbe attenersi alle norme senza farsi influenzare da sentimenti, convinzioni, ideologie. In questo senso, vorrei osservare che l’ordinamento australiano prevede una deroga all’ingresso nel territorio del non vaccinato che consiste nella possibilità di entrare in Australia se si sia contratto il virus nei sei mesi antecedenti. Del resto, se così non fosse, si faticherebbe a comprendere perché, all’ingresso in Australia, la polizia di frontiera non abbia motivato la cancellazione del visto di Djokovic per violazione delle norme sull’ingresso, dando atto che la prescrizione medica è inidonea a consentire l’entrata nel territorio. A parole le autorità australiane lo hanno detto, ma nei fatti il provvedimento di ritiro del visto non reca tale motivazione ed a tal fine sono certo che numerose altre persone hanno fatto ingresso in Australia con un’esenzione medica simile a quella esibita da Djokovic. Notoriamente, del resto, chi contrae il virus e guarisce sviluppa un numero significativo di anticorpi, forse più di chi è vaccinato. Astrattamente, Djokovic, non dovrebbe essere pericoloso per la salute pubblica, o meglio lo è come qualsiasi altro vaccinato. Invece, il Governo australiano, allarmato dalla pubblicità negativa sull’ingresso di un personaggio controverso, ha fatto frettolosamente retromarcia all’insegna, “prima se ne va, meglio è”. Di questo dà prova il Giudice di primo grado che aveva annullato il provvedimento di cancellazione del visto per vizi di forma, affermando che se la polizia di frontiera aveva concesso tre ore circa di tempo ai legali del tennista per presentare osservazioni rispetto al provvedimento di cancellazione del visto (dalle 5 alle 8 circa del mattino), doveva attendere che tale tempo si esaurisse prima di cancellare il visto. Cosa che invece non ha fatto.
Entrando ora nel merito della vicenda, ritengo deplorevole che il tennista serbo abbia così superficialmente violato le regole sulla quarantena anche se è plausibile, come si è giustificato, che lo stesso tennista non abbia personalmente compilato il form di esenzione. Ciò detto, mi sarei atteso, però, che il nuovo diniego notificato al tennista il 14.01. facesse riferimento a questa violazione della quarantena. Al contrario, non c’è traccia di questo comportamento nella motivazione del rigetto. Quest’ultimo è motivato a norma del diritto dell’immigrazione australiano in modo del tutto asettico, affermando che Djokovic lede l’interesse pubblico essendo pericoloso per la salute e l’ordine pubblico australiano (“on health and good order grounds, on the basis that it was in the public interest to do so”). Tale decisione, come precisato, scaturisce dalle informazioni rilasciate dal Dipartimento agli affari interni, dalla Polizia di frontiera e dallo stesso tennista - (…) “In making this decision, I carefully considered information provided to me by the Department of Home Affairs, the Australian Border Force and Mr Djokovic - .
Dunque, nessuna motivazione specifica, ma solo un generico riferimento alla necessità di preservare il popolo australiano ((…) The Morrison Government is firmly committed to protecting Australia’s borders, particularly in relation to the COVID-19 pandemic” ). Trattasi di una decisione politica, a mio parere legittima, molto contraddittoria, ma temo insindacabile in quanto la posizione giuridica soggettiva dello straniero che fa ingresso in uno Stato è solitamente molto debole. Astrattamente, infatti, si può negare l’ingresso per motivi di interesse generale, senza entrare nello specifico. Tuttavia, all’osservatore esterno risulta incomprensibile perché si sia autorizzata la partenza di Djokovic e, poi, alle 4 del mattino, lo si sia bloccato con motivazioni implausibili e senza contestazioni specifiche del tipo, lei ha violato la norma x, y, o z (invito i lettori a leggere la trascrizione del suo interrogatorio da parte della polizia di frontiera). Rammento a tutti che il no vax Djokovic entrava in Australia, non per manifestare con i no vax, ma per giocare a tennis ed a tal fine era stato invitato dalla federazione del tennis.
In questo scenario, è evidente che chi perde è anzitutto lo sport. Benché, infatti, l’ultima parola tra l’ordinamento settoriale dello sport e l’ordinamento generale spetta all’autorità statale, tuttavia il danno allo sport ed al torneo australiano è incalcolabile. La Federazione del tennis, nello specifico, avrebbe preferito che il Governo avesse chiarito prima le condizioni di ingresso e soprattutto che il no vax Djokovic è una persona indesiderata in quanto mette in pericolo la salute della popolazione e l’ordine pubblico e come tale non deve essere invitato al torneo. Invito tutti a leggere il comunicato con il quale la Federazione internazionale del tennis chiude questa deplorevole vicenda. Dato per assodato, infatti, che tutti sono indispettiti da questo epilogo, dal tennista che probabilmente non potrà gareggiare, agli altri partecipanti al torneo che non potranno affrontare il numero 1 al mondo, agli stessi tifosi che perderanno parte dello spettacolo, tuttavia, si afferma, sarebbe stato meglio conoscere per tempo i protocolli invocati dallo Stato australiano, anche perché, come accaduto in altri tornei disputati durante l’emergenza pandemica, la Federazione si sarebbe adoperata per farli rispettare - (…) “These protocols need to be clearly communicated in a timely manner and the proper process must be respected by all for it to be effective”. Ma non è tutto: alla fine del comunicato, la Federtennis sembra indirettamente rivolgersi anche al campione serbo, lasciando intendere che pur nel rispetto del diritto a non vaccinarsi sarebbe auspicabile che un tennista del suo livello cooperi - come dovremmo fare tutti - per ridurre le restrizioni e sia dunque un esempio in positivo- “And while the ITF believes that full vaccination is a personal decision, we believe this is the responsible action we must all take in order to ease restrictions and avoid such occurrences happening in the future.” Null’altro da aggiungere, dunque, se non che la Federazione internazionale del tennis è l’unica ad avere insegnato qualcosa in questa deprecabile vicenda.
*Luigi Melica (nella foto)
Novak Djokovic (nella foto)